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L'Italia ha di fronte in quegli anni tutti i gravi problemi che derivano dalla necessità di riassestare il sistema produttivo e di combattere la crescente inflazione postbellica E' il repubblicano Ugo la Malfa che sottopone all'attenzione della Assemblea Costituente i problemi della politica economica e finanziaria secondo una linea di rigore che pone in evidenza la necessità di lottare contro la disoccupazione e di riattivare i meccanismi produttivi. Sono i repubblicani a chiedere che gli aiuti del piano Marshall siano indirizzati verso gli investimenti pubblici produttivi e per riequilibrare gli squilibri economici territoriali. Le scelte dei repubblicani sono così sempre consequenziali alla loro concezione della democrazia intesa come conquista quotidiana e crescita collettiva, al di fuori di schematismi e di griglie ideologiche, proprie di altri partiti che si sforzano di interpretare e misurare la realtà entro canoni prefissati. Il Partito repubblicano si riallaccia in questo modo alle battaglie e alle tradizioni più significative della democrazia repubblicana dei Risorgimento. Vuole essere ed è il partito della ragione. Quando la divisione dei mondo in due blocchi provoca la guerra fredda e questa porta alla scelta di campo senza mezze misure, il Partito comunista italiano riafferma la sua solidarietà e fratellanza con il Paese che ha realizzato il socialismo, l'Unione Sovietica; a sua volta il Partito socialista, che sente prevalere la scelta di classe, conferma il Patto di unità d'azione che lo lega al Pci. Il Presidente dei Consiglio, De Gasperi, forma un nuovo governo senza i comunisti e i socialisti, che passano all'opposizione. L'unità nazionale è rotta. Il Paese è ormai diviso in due schieramenti: centrismo e frontismo. Il segretario dei Partito repubblicano, Pacciardi, scrive su La Voce Repubblicana: "Il Paese si è polarizzato verso gli estremismi: comunismo e anticomunismo. Noi ci rifiutiamo di dividere il mondo così e di lasciarci trascinare su questo terreno. I repubblicani operano per tentare di ricucire una frattura di cui avvertono tutti i pericoli per la democrazia italiana". "Noi - scrive ancora Pacciardi - creeremo una forza di equilibrio, una zona di ragione dove l'aria sarà irrespirabile per tutti i faziosi". A rendere incolmabile l'abisso tra i due schieramenti intervenne la scissione dei Partito socialista, con l'uscita dei gruppo raccolto attorno a Giuseppe Saragat, che contava quasi sul 50 per cento del partito. Nasceva il Partito socialdemocratico. Fu in questo quadro che il Partito repubblicano decise di assicurare la propria partecipazione alla formula centrista. Il pericolo di involuzioni dell'asse politico, provato dall'elezione dei sindaco di Roma, Salvatore Rebecchini, avvenuta con i voti determinanti della destra, l'impossibilità di avviare un qualsiasi discorso a sinistra, convinsero i repubblicani a collaborare con la Democrazia cristiana, con il disegno di spingere questo grosso partito, carico di contraddizioni e solcato da forti tendenze conservatrici, verso obiettivi di progresso sociale. I repubblicani entravano nel quarto governo De Gasperi con Randolfo Pacciardi, Carlo Sforza e Cipriano Facchinetti. Questo governo arrivò alle elezioni del 18 aprile 1948. L'accentuarsi delle frizioni internazionali tra Est ed Ovest, determinato dal dramma dilacerante vissuto a Praga e la presenza in Italia di un forte Partito comunista sempre più saldamente legato al mito dei socialismo sovietico, sviarono l'attenzione degli italiani: gli appelli dei Pri alla ragione, a non dividersi tra comunisti e anticomunisti, caddero nel vuoto. La paura dell'orso sovietico che poteva invadere il Paese da un momento all'altro era alimentata dalla stessa Democrazia cristiana e dalle gerarchie cattoliche, sempre pronte a cogliere l'occasione per spostare a destra la Dc. Anche molti democratici si lasciarono prendere da questo spirito di crociata in attesa dell'ora x che avrebbe salvato o perduto l'Italia. Il 18 aprile 1948 segnerà a fondo il sistema politico italiano, creando quel bipartitismo imperfetto che avrebbe caratterizzato tutta la vita della nostra Repubblica. I partiti della democrazia laica furono pesantemente ridimensionati nel loro stesso ruolo; la Democrazia cristiana aveva ottenuto la maggioranza assoluta. Così alterati i rapporti di forza, non vi era altra alternativa alla partecipazione al governo se non una sterile opposizione senza prospettive. Ma i repubblicani, pur ridotti nella loro rappresentanza parlamentare, seppero mantenere viva l'attenzione sul problemi reali dei Paese e sulle loro soluzioni. Pur presenti in uno schieramento centrista, essi tentavano di indicare lo spazio che si apriva ad una sinistra non velleitaria e riformatrice. Era il richiamo alla ragione e al pragmatismo
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